In occasione del 14 giugno l’Unione sindacale Ticino e Moesa (USS-TI) ha organizzato una conferenza stampa in Piazza Manzoni a Lugano, distribuendo una speciale banconota dal valore di meno 1200 franchi. È la cifra che ogni donna si vedrà tagliare ogni anno dalla propria rendita pensionistica se dovesse passare in votazione la riforma AVS21. Sono 7 i miliardi che si vorrebbero risparmiare così sulle spalle delle donne, sebbene le loro pensioni siano già oggi inferiori di un terzo rispetto a quelle degli uomini. Per l’USS-TI è chiaro: il 25 settembre è necessario votare un NO convinto all’aumento dell’età di pensionamento delle donne da 64 a 65 anni.

Lorena Gianolli, sindacalista VPOD, ha ricordato che “quasi un terzo delle donne attualmente pensionate non percepisce alcuna rendita del 2° pilastro e nei settori professionali a predominanza femminile, le rendite del 2° pilastro variano tra i 500 e gli 800 franchi”. Rendite già basse e che non possono essere ancora abbassate andando a colpire l’AVS. Inoltre, ha proseguito Gianolli, “quattro donne su cinque lavorano a tempo parziale, proprio per fare fronte a tutti gli altri impegni che si sobbarcano, ciò che di conseguenza porta ad avere pensioni indegnamente basse”.

Françoise Gehring, sindacalista SEV, ha invitato a lottare contro quella che è “una fregatura per tutti”. Infatti, AVS21 è solo il primo passo verso un aumento dell’età di pensionamento generalizzato a 66 o 67 anni. “Lavorare fino alla tomba? No grazie”. Inoltre, Gehring ha sottolineato come questa riforma porterà ad un incremento del numero di persone in disoccupazione o che dovranno far ricorso all’aiuto sociale. “Il mercato del lavoro espelle sempre più persone over 60”. Solo la metà degli uomini e delle donne oggi esercitano un’attività lavorativa un anno prima dell’età di pensionamento.

Chiara Landi, del sindacato Unia, ha denunciato l’ipocrisia di “giustificare questa riforma utilizzando il concetto di uguaglianza. Come se colpire unilateralmente la parte della popolazione già strutturalmente discriminata avesse qualcosa a che vedere con il concetto di parità”. L’AVS è un’assicurazione sociale, non un’azienda che deve massimizzare i profitti: “beneficiare di una pensione dignitosa, finire la propria carriera lavorativa e godere dei frutti del proprio lavoro rientra nel campo dei diritti di ogni cittadino e cittadina. Ma rientra anche nei doveri dello Stato e la politica deve trovare risposte e soluzioni per il bene collettivo e non per il bene di pochi privilegiati”. Landi ha concluso invitando tutte e tutti ad impegnarsi “in una battaglia che non riguarda solo il genere femminile, ma riguarda l’intera società”.