Il ritratto delle undici ditte che hanno ricorso contro la Legge cantonale al Tribunale federale.

La legge sul salario minimo, frutto della volontà popolare col voto favorevole cinque anni fa all’iniziativa dei Verdi “Salviamo il lavoro in Ticino”, fu approvata lo scorso dicembre dal Gran Consiglio. La Legge è stata poi impugnata al Tribunale federale da due ricorsi inoltrati da altrettanti avvocati in rappresentanza di undici ditte, come aveva riferito il quotidiano LaRegione ad aprile.

Essendo la misura d’interesse pubblico toccando migliaia di lavoratori attivi in Ticino, area pubblica la lista delle imprese che, legittimati dal diritto, hanno deciso di ricorrere al Tf rappresentate dagli avvocati Gianluca Padlina e Costantino Delogu. Una lista che non desta particolari sorprese negli ambienti sindacali, poiché diverse sono “vecchie conoscenze” del sindacato Unia. Tranne una, sono tutte affiliate all’Associazione industrie ticinesi (Aiti). Benché la piaga dei bassi stipendi sia ormai diventata una pratica diffusa in molti rami professionali, soprattutto nel terziario, ad opporsi è stata una parte del padronato industriale ticinese. Vediamo chi sono.

1.- La Gipienne di Stabio ha già avuto l’onore di apparire due volte sulla black list del sito di Unia (denunciamoli.ch). Nata nel 2005, è una ditta che sostanzialmente lavora per conto terzi, come si deduce dallo scopo aziendale definito al registro di commercio cantonale. «Si è specializzata nell’eseguire una serie di lavorazione a basso valore aggiunto che le altre ditte preferiscono esternalizzare per comprimere ulteriormente i costi di produzione», spiega il sindacato nel descrivere la ditta. Il problema principale per la cinquantina di dipendenti della Gipienne, si legge nell’articolo pubblicato nel 2014, sono le “indecenti paghe”. «La prassi vuole che nei primi tre mesi di prova le persone siano assunte con salario di 1.800 franchi lordi, per poi passare, se sono donne, a 2.100 franchi lordi mensili e, se uomini, a 2.400 franchi lordi mensili (per arrivare a un massimo di 3.100 lordi)». Allegate al testo, le buste paga. I salari attuali non si discosterebbero molto da quelli descritti allora. Oltre al problema degli stipendi indecenti,  il sindacato denunciò il pessimo clima di lavoro che regna all’interno dell’azienda e l’assoluto disprezzo dei diritti dei lavoratori. Quando nel 2012 la ditta lasciò intendere di voler ridimensionare la tredicesima, operaie e operai chiesero l’intervento di Unia. In risposta, l’azienda licenziò cinque operai iscritti a Unia.

2.- Exten è una seconda vecchia conoscenza del sindacato, ma conosciuta anche al grande pubblico. Nel 2015, i suoi operai scrissero una pagina importante della storia del lavoro ticinese. Con la fine del cambio fisso franco euro per tre anni e mezzo artificiosamente tenuto in vita dalla Banca nazionale, la ditta impose ai dipendenti un taglio del 26% del salario ai frontalieri e del 16% ai residenti. Gli stipendi base d’entrata alla Exten corrispondevano a 3.200 franchi, ma nei due anni precedenti erano scesi a 2.700 franchi. Sostenuto dal sindacato, il centinaio di dipendenti entrò in sciopero presidiando sotto la neve, la pioggia e i venti invernali per otto lunghi giorni la loro fabbrica, perché così la sentivano. Lo sciopero si concluse con un accordo sotto l’egida del governo cantonale con la «sospensione» del taglio salariale subordinato alla verifica dei conti aziendali entro il 30 aprile da parte di un consulente esterno. L’azienda ingoiò il rospo, ma mise in atto una subdola vendetta nei confronti delle maestranze ribelli, ma anche dei nuovi arrivati. Oggi i salari d’entrata si attestano a 2.360 franchi, esattamente la decurtazione desiderata nel 2015.

3.- Altra ditta ben conosciuta dal sindacato è la ex Mes Sa di Stabio, diventata Cebi Micromotors dopo l’acquisizione nel 2010 del gruppo internazionale Cebi, presieduto dalla famiglia lussemburghese Elvinger. Ironia della sorte, nel Lussemburgo da anni esiste il salario minimo più elevato d’Europa, circa 2.600 euro per qualificati. La famiglia Elvinger, politicamente attiva a livello europeo, si è dichiarata favorevole al salario minimo recentemente proposto dalla Commissione europea. 
Pochi anni dopo l’acquisizione, Cebi ha disdetto il Ccl aziendale che era in vigore da 37 anni. Con le mani padronali libere dai vincoli contrattuali, la nuova dirigenza iniziò l’opera di decurtazione delle retribuzioni dei circa 350 lavoratrici e lavoratori quasi esclusivamente frontalieri. I tagli portarono a una riduzione complessiva stimabile a un quinto (circa il 20%) delle retribuzioni della manodopera, distribuita sui tre turni per coprire le 24 ore.

4.- Scorrendo la lista, ci si imbatte in una ditta sovente portata ad esempio sui media quale azienda familiare «con un radicamento nel territorio che si manifesta anche con una responsabilità sociale verso i propri dipendenti e il territorio» (Rsi, 16.10.2019). È la Plastifil di Mendrisio, dove lavorano 140 dipendenti, di cui circa la metà in produzione, in grande maggioranza frontalieri. Stando a quanto affermano i vertici aziendali, il 20% avrebbe una paga inferiore al salario minimo. Da prove documentate in nostro possesso, vi sono dipendenti la cui paga base ammonta a 13 franchi lordi l’ora, poco più di 2.400 mensili, a cui si aggiunge la tredicesima. Altri operai si sono visti persino ridurre la paga rispetto a una decina di anni fa, passando da 18 franchi l’ora agli attuali 16,50 franchi lordi. Suscitano inoltre parecchi interrogativi le condizioni dei bagni e spogliatoi aziendali, giudicate scandalose. Il Ceo di Plastifil, Martino Piccioli, è membro del Consiglio di presidenza di Aiti. 

5.- L’ennesima ditta dei ricorrenti situata a ridosso del confine è la Ligo Electric. Conosciuta oggi soprattutto col marchio Valera (asciugacapelli), l’azienda fu originariamente fondata a Milano da Gustavo Soresina. A fine anni 70 varcò il confine per insediare lo stabilimento a Ligornetto. Il legame con l’Italia resta però alto, in quanto sono principalmente mani italiane a produrre gli asciugacapelli “made in Switzerland”.

L’attività delle mani femminili in produzione è retribuita con la paga base di 15,98 (circa 2.750 lordi mensili) e beneficiano della tredicesima. Gli uomini invece hanno retribuzioni che variano tra 18 e 21 franchi, ma la retribuzione mensile può variare a dipendenza del cambio. La Ligo Electric infatti è una delle ultime ditte in Ticino dove è ancora in vigore la variazione della retribuzione legata al cambio franco-euro, introdotta nel lontano 2011, ben prima dell’abbandono del cambio fisso da parte della Banca nazionale.

6.- La Montanstahl di Stabio, i cui proprietari sono la famiglia di origini tedesche Stumm, malgrado sia attiva nella produzione di profili speciali d’acciaio, non sottostà al contratto nazionale dell’industria metalmeccanica, avendo scelto di non aderire all’associazione padronale di categoria Swissmem. I suoi quasi 250 dipendenti non sono dunque tutelati dal Ccl nazionale, ma nemmeno da un Ccl aziendale. Stando al sito di Aiti, la Montanstahl non aderisce neanche all’associazione padronale ticinese. Facile immaginarsi il tenore dei rapporti coi sindacati e il rispetto del diritto costituzionale dei lavoratori di essere liberamente rappresentati. La paga attuale si aggira tra i 16 e 16,50 franchi lordi per 45 ore settimanali, poco meno di tremila lordi mensili, ed è prevista la tredicesima.

7.- R. Audemars di Cadempino, sebbene attiva principalmente nell’orologeria, non è convenzionata al Ccl nazionale esistente nel settore. Non lavora dunque per conto di Swatch, poiché quest’ultima impone ai suoi fornitori terzisti il rispetto del Ccl nazionale e dei relativi minimi salariali (3.120 franchi lordi). Vista la mancata sottoscrizione, è lecito dedurne che le paghe alla Audemars luganese siano inferiori. Non esiste un Ccl aziendale. L’amministratore delegato è Mirko Audemars, candidato liberale al Consiglio comunale di Lugano.

8.- La 3P clc di Bioggio è una ditta particolare nella sua attività. È un’agenzia interinale, ma possiede pure tre laboratori dove una cinquantina di operai assemblano pezzi per conto terzi. Dipendenti che nel giro di 20-30 minuti possono lasciare i laboratori per trasformarsi in lavoratori interinali prestati ad altre aziende, come si può leggere sul sito. Quale agenzia interinale sottostà al Ccl nazionale dei lavoratori temporanei. Ciò significa per il Ticino, nel caso di non qualificato 16,79 l’ora, per i qualificati 22,28. Anche nel caso di bocciatura del ricorso sul salario minimo, questi salari sarebbero ugualmente validi perché la legge cantonale consente di avere salari inferiori dove esiste un Ccl.

A chiudere la lista delle undici aziende ricorrenti, tre ditte attive soprattutto nel settore delle cosidette pinzette, siano esse di uso industriale o cosmetico. A chi le ha visitate, ricordano le fabbriche d’inizio Novecento o dei laboratori artigianali. In effetti, la loro produzione si potrebbe definire quasi artigianale, poiché il tocco finale, l’ultima limatura alla pinzetta, è operata manualmente dal singolo operaio, pezzo per pezzo. 

9.- Fa parte di questa categoria la Regine Switzerland di Morbio Inferiore la cui produzione “100% made in Switzerland” è realizzata dalla quarantina di “highly qualified employees”, quasi tutti frontalieri, come si legge nel sito aziendale in sola lingua inglese. I proprietari sono la famiglia Terrier, il cui direttore, Simon, è stato municipale a Vacallo per tre legislature eletto nella lista Lega dei Ticinesi-Udc. È l’unica ditta delle undici ad aver sottoscritto un Ccl, tra l’altro col sindacato Unia, datato addirittura 1982. Ciò significa che sono previste indennità e prestazioni non contemplate in altri impieghi dove vige il minimalista codice delle obbligazioni. Cionondimeno, alcuni salari base dei nuovi assunti si trovano sotto la soglia del salario minimo cantonale. 

10.- Anche la Ideal-tek di Balerna si occupa di questa particolare nicchia di mercato, grazie alla cinquantina di dipendenti, quasi tutti frontalieri che realizzano in forma quasi artigianale i prodotti finiti.

11.- Infine, quale terza ditta attiva nella produzione di pinzette e affini, troviamo la Outils Rubis di Stabio, dove vi lavorano circa 40 dipendenti, tutti frontalieri, anche loro dediti alla produzione manuale nella fase finale. A guidare l’impresa è la signora Fides Baldesberger. Un’imprenditrice poco tenera nei confronti dei suoi colleghi impresari locali. «Questo Cantone purtroppo non ha una tradizione industriale, né è terra di imprenditori. Non lo è mai stato e quelli che c’erano se ne sono andati» aveva detto intervistata dal Corriere del Ticino.

Di cosa si parla

La legge cantonale prevede l’introduzione a tappe del salario minimo. Al 31 dicembre 2021, si situerà  tra i 19 e i 19,50 franchi (inteso come salario orario lordo, mentre le differenze saranno decise in base al settore economico), per salire entro fine 2023 a 19,50 e 20 franchi, mentre dal 2024 si collocherà tra i 19,75 e i 20,25.

di Francesco Bonsaver, tratto da Area