Di Claudio Carrer, tratto da Area
Mentre sul fronte della lotta alla pandemia si assiste a un’evoluzione positiva circa l’incidenza del virus, i ricoveri e i decessi e gli sforzi sono ora concentrati per migliorare un tasso di vaccinazione ancora insufficiente per evitare una ripresa delle infezioni con l’arrivo della stagione fredda, la situazione è sempre più preoccupante sul fronte del servizio sanitario, confrontato con una crescente penuria di personale e con condizioni di lavoro insostenibili. È un problema che esiste (e viene denunciato) da anni e che la pandemia ha ulteriormente aggravato e reso ancora più evidente. Evidente come l’urgenza d’intervenire con misure adeguate, perché in gioco c’è la qualità delle cure in Svizzera.
Solo nell’ultimo anno e mezzo le strutture sanitarie lamentano una perdita del 10-15 per cento di capacità operativa dovuta all’abbandono della professione, alla riduzione del tempo di lavoro delle infermiere e degli infermieri o all’insorgere di malattie dovute all’eccessivo carico di lavoro e al cumulo di stress. Il personale non ha solo assicurato cure e assistenza ai malati in un contesto difficilissimo sia dal punto di vista lavorativo sia da quello emotivo. Dopo aver dovuto in una prima fase fare i conti addirittura con la penuria di materiale protettivo, ha subito un aumento sensibile delle ore di lavoro e della durata dei turni e di riflesso una riduzione dei tempi per recuperare forze e serenità. E pagando inevitabilmente un prezzo anche in termini di qualità di vita sociale e familiare.
La situazione è quella testimoniata da un’operatrice al fronte: «Questi lunghi mesi di pandemia ci sono passati sopra come un rullo compressore. Abbiamo visto colleghi esausti, uno dopo l’altro, fino alla malattia. Alcuni si dimettono, altri vanno altrove ma si rendono conto che la mancanza di personale e la pressione ad andare sempre più di corsa è un fenomeno ormai diffuso. La situazione è critica in molti reparti: i tassi di assenteismo sono in aumento, i colleghi hanno sviluppato Long Covid e rischiano di subire conseguenze mediche a lungo termine. La nostra salute, e a sua volta la salute dei nostri pazienti e residenti, è in gioco». Sì, perché con l’aumento del carico di lavoro a livelli così estremi, aumenta anche il rischio di errore e diventa complicato mantenere la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti.
Sono concetti ribaditi anche l’altro giorno a Berna in occasione dell’avvio della campagna sull’iniziativa “per cure infermieristiche forti” in votazione il prossimo 28 novembre. Un’iniziativa che fornisce risposte concrete a un problema enorme del sistema sanitario elvetico, con i suoi attuali oltre 11.500 posti di lavoro vacanti nel ramo delle cure (6.500 riguardanti il personale infermieristico) e il previsto fabbisogno di altre 70.000 nuove leve entro il 2029, con quattro infermieri su dieci che abbandonano prematuramente la professione e un terzo di loro prima dei 35 anni.
Soltanto con le misure previste dall’iniziativa (maggiore attrattività della professione, migliori condizioni retributive e di lavoro e un adeguato finanziamento delle prestazioni infermieristiche che assicuri personale sufficiente in tutti i reparti) è pensabile poter garantire sul lungo termine un numero sufficiente di curanti per fronteggiare i bisogni della società. Una società che, complici l’invecchiamento della popolazione e dunque la continua crescita di persone con malattie croniche, ha sempre più bisogno di essere curata. E bene.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato il 2021 Anno internazionale degli operatori sanitari e assistenziali in segno di riconoscimento della dedizione e del sacrificio nel combattere la pandemia da Covid-19 e nell’assicurare la prosperità e la salute di tutti. Pagando oltretutto un prezzo elevato anche in termine di vite umane: l’Oms calcola che la pandemia finora abbia ucciso 115.000 professionisti della salute. Ma i riconoscimenti, gli omaggi e gli applausi non bastano. È tempo di dare risposte e il 28 novembre prossimo si presenta una ghiotta occasione alle svizzere e agli svizzeri, che in un recente sondaggio dell’Associazione degli ospedali H+ hanno confermato (nella misura dell’88 per cento) di considerare «molto importante» il contributo dato da ospedali e cliniche nell’affrontare la pandemia, ma anche di riconoscere un problema di carenza di personale.