Nei primi giorni di gennaio un malvagio virus si è portato via Silvano Sulmoni, malgrado la sua forte fibra. Silvano era in pensione da tempo. Ma il ricordo di quanto ha fatto e di quanto abbiamo fatto assieme è sempre molto vivo. Dopo un apprendistato di meccanico e alcuni anni di lavoro in quel mestiere, Silvano, un po’ per caso entrò in polizia. Divenne presto ufficiale e per tanti anni svolse la funzione di delegato (comandante di zona) di Bellinzona e Valli. Lo conobbi tanti anni fa. Era già presidente del gruppo polizia della VPOD, carica che occupò dal 1975 a l 1992. Fu uno dei primi ad aderire al gruppo, fondato nel 1957. Una scelta coraggiosa fatta in piena guerra fredda e con molte dittature, quando l’autorità politica desiderava che i poliziotti fossero ubbidienti e acritici, un po’ come i militari.

Silvano fu in prima fila nell’elaborazione del progetto di modifica della legge sulla polizia allo scopo di democratizzarla attraverso – tra l’altro – la smilitarizzazione della stessa. Con questa legge i funzionari di polizia avrebbero perso lo statuto di corpo “paramilitare”, in cui i suoi componenti sono tenuti ad ubbidire ciecamente ai loro superiori. Avrebbero invece acquisito lo statuo di funzionario, con i rispettivi diritti e doveri. Si trattava di una legge esemplare dal punto di vista dei diritti e dei rapporti tra cittadino e Stato. Una legge di avanguardia dal profilo della democrazia. La legge fu approvata dal Gran Consiglio tredici anni dopo, nel 1989, superando numerose opposizioni e tergiversazioni.

Nella stessa logica Silvano diede un suo importantissimo contributo all’elaborazione del “codice deontologico” della polizia. Riteneva infatti che la legge doveva essere accompagnata da regole deontologiche, alle quali il funzionario di polizia avrebbe dovuto attenersi scrupolosamente. Non fu mai riconosciuto dal Comando o dal Dipartimento, ma esso ha costituito una traccia fondamentale di comportamento. Lo stesso testo è poi stato accettato dalla Commissione nazionale della polizia VPOD, creata su proposta del gruppo di polizia VPOD presieduto da Silvano. Nel codice deontologico elaborato dal sindacato, tra l’altro, si poteva leggere: “il funzionario di polizia ha il diritto di disubbidire agli ordini allorquando sono in netta contraddizione con i diritti dell’uomo”.

Silvano non trascurava evidentemente i problemi derivanti dalle condizioni di lavoro. Ma i suoi convincimenti, le sue energie e la sua tenacia erano rivolti principalmente ai diritti, alla dignità del mestiere e alla democratizzazione della polizia, nel momento in cui, sovente, le autorità politiche erano tentate di utilizzare in modo abusivo le forze dell’ordine. Dopo il pensionamento Silvano non cessò l’attività sindacale. Fu co-fondatore e presidente del MODAP, il movimento dei pensionati dell’Unione sindacale del Cantone Ticino.

Dobbiamo essere riconoscenti a Silvano, per il rigore, la tenacia e il coraggio con il quale ha saputo e voluto affrontare le sfide poste dalla società e, soprattutto- per il valore delle scelte effettuate.

Di Lui serberemo un caro ricordo. Alla famiglia le più sentite condoglianze.

Graziano Pestoni, presidente USS-Ticino e Moesa e già segretario VPOD Ticino