L’USS lancia la propria campagna referendaria contro la riforma della LaMal per un finanziamento uniforme delle prestazioni sanitarie in votazione il 24 novembre: un “buon affare” solo per gli assicuratori malattie.
Una spinta a nuovi ulteriori aumenti dei premi di cassa malati, un peggioramento della qualità delle cure e delle condizioni di lavoro del personale, ma anche un regalo agli assicuratori, che assumerebbero pieno controllo del nostro sistema sanitario. Queste sarebbero le conseguenze della modifica della Legge sull’assicurazione malattie (LaMal) in votazione il prossimo 24 novembre e contro cui l’Unione sindacale svizzera (USS), promotrice del referendum, ha lanciato ieri la sua campagna.
Una riforma, che introduce un sistema di finanziamento uniforme delle prestazioni sanitarie meglio conosciuta con l’acronimo tedesco EFAS, che “con il pretesto di semplificare il regime attuale porterebbe a gravi deterioramenti per la popolazione”, è stato spiegato in una conferenza stampa a Berna. Molte sono infatti le implicazioni pratiche per gli assicurati, per i pazienti e per i curanti. EFAS è una «riforma nata con la buona intenzione di incoraggiare lo spostamento delle cure stazionarie (in ospedali e case di cura) verso trattamenti ambulatoriali, dando per assunto che questo sul lungo termine produca una riduzione della spesa sanitaria. Ma una riforma che purtroppo manca il suo obiettivo, perché invece di introdurre dei meccanismi di incentivo, si limita a dei trasferimenti di costi tra Cantoni da una parte e assicuratori malattia dall’altra», ha spiegato la vicepresidente di Unia Véronique Polito.
Trasferimenti di costi che si possono così riassumere: mentre nel regime attuale i trattamenti ambulatoriali (studi medici, ospedali di giorno, spitex) vengono pagati interamente dalle casse malati (con i premi degli assicurati) e le prestazioni stazionarie (che richiedono un ricovero ospedaliero di almeno una notte) sono assunte dai Cantoni nella misura di almeno il 55% e per il resto dagli assicuratori malattie (cioè da noi che paghiamo i premi), con il sistema di finanziamento uniforme previsto da EFAS si introduce una stessa chiave di ripartizione per tutte le prestazioni, siano esse stazionarie o ambulatoriali: almeno il 26,9% dei costi complessivi (al netto della franchigia e della quota percentuale pagata dagli assicurati) a carico dei Cantoni e al massimo il 73,1% delle casse malati.
Una chiave di ripartizione che si applicherebbe inoltre anche alle cure di lunga durata (nelle case di riposo o a domicilio), che oggi sono finanziate mediamente per il 46% dai Cantoni e per il 54% dagli assicuratori. Un aspetto questo tra i più delicati della riforma EFAS, tenuto conto che con l’invecchiamento della popolazione in questo ambito di cura ci si attendono massicci aumenti dei costi, che andrebbero a ricadere sugli assicuratori malattie (il cui onere salirebbe al 73%) e, alla fine, sui pagatori dei premi. «È una bomba a orologeria che farebbe saltare in aria i bilanci delle famiglie», ha commentato Véronique Polito, ricordando che in Svizzera nei prossimi 15 anni ci si attende un aumento dell’88% delle persone ultraottantenni e che questo richiederebbe 35.000 curanti supplementari. «Già oggi manca personale perché le condizioni di esercizio della professione non sono né attrattive (salari, orari) né adatte ai bisogni. E EFAS non dà alcuna risposta a questa sfida. Anzi, riducendo l’impegno finanziario dei Cantoni, non si fa che aumentare le pressioni sui costi e sul personale», ha ammonito Polito, prevedendo che questa riforma «accelererebbe ulteriormente l’esodo di personale». A farne le spese sarebbero anche i pazienti: «La qualità delle cure si abbasserebbe fatalmente», ha ricordato dal canto suo la segretaria generale del sindacato dei servizi pubblici (SSP-VPOD) Natascha Wey.
E il disimpegno dei Cantoni previsto da EFAS significherebbe un trasferimento dei costi verso i premi pagati dagli assicurati: «Un’imposta pro capite al posto di un’imposta proporzionale al reddito», ha osservato il vicepresidente del Partito socialista David Roth prevedendo «una spirale dei premi di ampiezza ancora superiore di quanto già non lo sia» e liquidando EFAS come «un esperimento di politica sociale a detrimento della popolazione» e come «cattivo affare».
Pieni poteri alle casse malati
Sarebbe invece un buon affare per gli assicuratori malattia, i quali «oltre a gestire i 35 miliardi dei nostri premi attuali, gestirebbero al posto dei Cantoni anche 13 miliardi di franchi all’anno, prodotto delle imposte dei cittadini, senza legittimità democratica e trasparenza», ha spiegato da parte sua il presidente dell’USS Pierre-Yves Maillard, mettendo in guardia dai pericoli legati a una perdita di competenza da parte dei Cantoni. «Le promesse loro fatte circa il mantenimento della pianificazione dell’offerta sanitaria sono già state tradite dal Parlamento ancora prima della votazione popolare», ha osservato Maillard ricordando la recente decisione del Consiglio degli Stati a favore di una mozione del senatore Peter Hegglin (membro del consiglio di amministrazione di Santésuisse) che prevede la fine del cosiddetto obbligo di contrarre. Il che significa che sarebbero gli assicuratori malattia, sostituendosi ai Cantoni e ai pazienti, a scegliere gli ospedali e i medici a cui rimborsare le prestazioni. «La competenza di pianificare l’offerta ospedaliera e di definire dei mandati di prestazione verrebbe dunque revocata ai 26 Cantoni e trasferita a sessanta assicuratori privati, ciascuno dei quali allestirà la propria lista di nosocomi e studi medici e cercherà di vendere delle assicurazioni complementari con prestazioni più attrattive dell’offerta di base, che avranno tutto l’interesse a razionare», ha concluso Maillard, invitando a battersi «con energia e convinzione contro questo progetto funesto». Ciò «nell’interesse del personale sanitario, degli assicurati e dei pazienti». Perché la riforma EFAS, opera della lobby delle casse malati, delle cliniche private e delle organizzazioni di cura a scopo di lucro, darebbe campo libero agli attori del settore privato.
di Claudio Carrer, tratto da Area