Senza precedenti: il Parlamento vuole legiferare sulla riduzione dei salari (mozione Ettlin)
Con l’attuazione della mozione Ettlin, il Parlamento sta cercando, per la prima volta nella storia, di ridurre i salari per via legislativa, a scapito di migliaia di lavoratori e lavoratrici nei settori a basso reddito. Questo progetto di legge non solo porrebbe fine ai salari minimi cantonali decisi mediante democrazia diretta, ma indebolirebbe anche la protezione dei salari legata alla libera circolazione delle persone con l’UE. L’Unione Sindacale Svizzera (USS) utilizzerà tutti i mezzi a sua disposizione per combattere questo progetto di legge sui tagli salariali, qualora venisse accettato dal Parlamento.
Un attacco frontale ai redditi bassi e alla volontà del popolo
Gli elettori di Ginevra e Neuchâtel hanno introdotto il salario minimo con una votazione popolare. L’impatto è stato notevole: da allora migliaia di lavoratori, in particolare donne, percepiscono salari più alti, senza alcun aumento della disoccupazione. Anche a Zurigo, Winterthur e Lucerna sono stati adottati salari minimi. E gli studi scientifici dimostrano chiaramente che i salari minimi proteggono dalla povertà, aumentano il potere d’acquisto e non mettono a rischio i posti di lavoro.
Ma queste conquiste sono ora minacciate. In futuro, i contratti collettivi di lavoro (CCL) che prevedono salari inferiori ai salari minimi cantonali potranno beneficiare di una deroga. “Per la prima volta nella storia della Svizzera, il Parlamento, su richiesta delle organizzazioni dei datori di lavoro, intende ridurre i redditi di migliaia di lavoratori e lavoratrici svizzeri attraverso una legge federale, minando così la protezione dei salari”, spiega Daniel Lampart, economista capo dell’USS.
Questo significherebbe meno soldi alla fine del mese, nonostante il sì del popolo, in particolare per i dipendenti del settore alberghiero e della ristorazione, del commercio al dettaglio e dei saloni di parrucchiere. Vania Alleva, vicepresidente dell’USS e presidente di Unia, spiega: “A Ginevra, un parrucchiere qualificato con tre o più anni di esperienza professionale perderebbe fino a 250 franchi al mese. Un addetto alle pulizie semi-qualificato perderebbe anche più di 350 franchi. E nel settore alberghiero e della ristorazione, una dipendente con un attestato federale di competenza vedrebbe il suo stipendio ridotto di oltre 200 franchi. È scandaloso!”.
Attacco alla democrazia diretta e alla tutela dei salari
L’USS condanna questo attacco alla democrazia diretta: le decisioni popolari vengono aggirate a posteriori, creando un pericoloso precedente. Pierre-Yves Maillard, presidente dell’USS, ha dichiarato: “Federalismo significa lasciare le decisioni al livello più vicino ai cittadini. Questa legge violerebbe e calpesterebbe la nostra Costituzione e i suoi principi fondamentali. E a quale scopo? Per ridurre i salari dei parrucchieri o dei ristoratori”.
La proposta è altrettanto controversa in termini di politica europea: i salari minimi cantonali sono uno strumento importante per prevenire il dumping salariale nel quadro della libera circolazione delle persone con l’UE. Se questo strumento venisse eliminato, la Svizzera perderebbe un’efficace misura di protezione.
Conseguenze devastanti per le persone colpite
Nel 2014 gli oppositori di un salario minimo nazionale sostenevano che a Zurigo non si poteva pagare lo stesso salario minimo che in Ticino. Proprio per questo motivo i cantoni hanno creato soluzioni proprie, adattate al costo della vita locale. Questi salari minimi cantonali funzionano senza problemi. Abolirli sarebbe un attacco frontale a modelli federalisti collaudati. Per Matteo Antonini, presidente di syndicom, una cosa è chiara: “Questa modifica della legge priverebbe gli elettori dei Cantoni della possibilità di decidere su salari minimi che corrispondono alle condizioni locali. Questo precedente deve essere impedito”.
Se il Parlamento dovesse approvare la legge, migliaia di lavoratori con salario minimo perderebbero il reddito di cui hanno bisogno per mantenersi. Molti dovranno fare affidamento su prestazioni integrative o sull’assistenza sociale: la comunità pagherà il conto, mentre i datori di lavoro verseranno salari più bassi e otterranno maggiori profitti.
L’USS si opporrà con tutte le sue forze a questo progetto antisociale e antidemocratico. Chi lavora deve poter vivere con il proprio salario.
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