Da alcuni anni, in Svizzera, viviamo in un regime di libera circolazione delle persone a livello europeo. Una specie di torre di avorio rispetto a tutti gli altri paesi. 

Dapprima limitata a importanti, ma relativamente pochi paesi, la libera circolazione, in anni più recenti, si è estesa ai paesi dell’Est europeo, sotto la spinta del mondo economico che voleva attingere più facilmente a manodopera buon mercato.

Queste disposizioni hanno avuto due conseguenze contrapposte. Una positiva e l’altra negativa. Quella positiva riguarda la possibilità per i cittadini svizzeri di recarsi, senza nessuna difficoltà, in tutta Europa per ragioni di studio o di lavoro. Ne hanno approfittato in molti. Favorire la mobilità tra paesi significa aumentare le possibilità di effettuare esperienze molto utili . Ciò ha favorito anche i centri di ricerca. Quindi, meno burocrazia e meno controlli. Un mondo senza frontiere, anche se limitato a una piccola parte del mondo, è sempre stato un sogno per molti.

La libera circolazione ha tuttavia avuto anche conseguenze negative, in particolare per il mondo del lavoro. Sono state adottate una serie di “misure di accompagnamento”. Ma esse sono applicabili solo ai settori in cui esistono contratti collettivi di lavoro oppure regolamentazioni degli enti pubblici. In questi casi sono previsti controlli sul rispetto delle condizioni di lavoro, soprattutto, ma non solo, sui livelli salariali. Negli altri settori professionali, che rappresentano oltre la metà della manodopera, per esempio il terziario privato, non esistono regole. Non è illegale versare stipendi da 1500/2000 franchi al mese, anche per professioni qualificate. È inutile precisare che molti datori di lavoro ne hanno approfittato ampiamente. Ciò ha provocato un aumento del numero dei frontalieri , in grado di accettare bassi salari, poiché il costo della vita, soprattutto in Italia, è molto meno elevato. Ha pure provocato un afflusso dei “lavoratori distaccati”, ossia di dipendenti di aziende straniere che svolgono lavori in Svizzera per periodi limitati. Il numero dei posti di lavoro in Svizzera è aumentato. Ma i posti con stipendi adeguati, ossia tali da permettere di vivere in Svizzera, sono diminuiti. C’è stato un aumento del precariato, degli stages non rimunerati, del lavoro su chiamata e una pressione verso il basso di tutti gli stipendi e delle condizioni di lavoro. Si è assistito, per la prima volta nel secondo dopo guerra, a un considerevole peggioramento delle condizioni di vita.

La situazione si è anche aggravata in seguito alla politica neoliberale condotta dalla Confederazione e da molti cantoni, dalle privatizzazioni di molti servizi pubblici e da un degrado dei servizi all’utenza.

È tuttavia importante che la libera circolazione sia mantenuta. Il problema non consiste infatti nella possibilità per gli stranieri di lavorare in Svizzera, bensì nel fatto che tutti, sul nostro territorio, dovrebbero ricevere stipendi svizzeri. Sarebbe stato auspicabile quindi che venissero introdotte efficaci misure di accompagnamento prima della votazione del 27 settembre sull’iniziativa dell’UDC. Sindacato e organizzazioni progressiste avrebbero dovuto chiedere con maggiore forza decisioni in questo senso. Auspichiamo tuttavia che misure contro il dumping salariale siano adottate al più presto . È pure auspicabile che il progetto di “accordo quadro” con l’Unione europea venga abbandonato. Esso peggiorerebbe le già scarse misure di accompagnamento e favorirebbe ulteriormente la privatizzazione di servizi pubblici.

La libera circolazione rappresenta pertanto una sfida per il nostro paese e i suoi cittadini. La consigliera federale Karin Keller Sutter ha affermato che gli accordi bilaterali sono necessari per la nostra prosperità. Essi potranno infatti essere un fattore di progresso, però soltanto se questi accordi saranno accompagnati da precise regole. In caso contrario, a trarne benefici saranno solo in pochi.

Graziano Pestoni, Presidente USS-Ticino e Moesa