Tutte a Berna il 18 settembre

Di Rete Nateil14giugno

Andando avanti di questo passo, in pensione ci andremo a 70 anni. Abbiamo solo da guadagnarci. Spaccandoci la schiena, chiudendo il mercato ai/alle giovani, subendo la disparità salariale, lavorando quindi gratuitamente, compromettendo la salute in una fase della vita che dovrebbe essere dettata da altri ritmi. In fondo servire l’economia con tutti questi privilegi, dovrebbe renderci cittadine più responsabili e orgogliose di essere prese per i fondelli.

Ma sì, dai. In fondo se i nostri stipendi sono più bassi perché i lavori delle donne sono svalutati – anche se essenziali per il funzionamento della società e dell’economia – va benissimo e rispecchia perfettamente i valori di un sistema giusto che riconosce alle donne il principio della parità, così a caso garantito dalla Costituzione. 

Se nel 2018, considerando solo il divario salariale inspiegabile di 8’200 franchi all’anno, le donne hanno perso quasi 13 miliardi di franchi, è un fatto del tutto trascurabile. Peanuts. E se nel 2016 le donne hanno svolto 5.700 milioni di ore di lavoro non retribuito – che corrisponde a un valore monetario di 244 miliardi di franchi – non c’è proprio di che lamentarsi. Il sistema continua a funzionare perfettamente. La discriminazione non esiste. E solo nella testa di qualche squinternato.

L’orario di lavoro ridotto – perché la maggior parte del lavoro domestico, educativo e di cura è a carico delle donne – è solo una questione aneddotica. Il tempo parziale è infatti una scampagnata. A ben vedere, non trovare lavoro o a lavorare a percentuali risibili, è un invito a nozze. In fondo il salario è una componente totalmente insignificante del sistema produttivo. Perché essere pagate giustamente o lavorare a percentuali decenti, se si può fare la fame e vivere nella precarietà. Tenuto conto che anche da pensionate questa mancanza di risorse inciderà sulle condizioni di vita, tanto vale sprofondare fino in fondo. Palombare tutta la vita. 

Le pensioni delle donne sono in media il 37% più basse rispetto a quelle degli uomini. Perché scriverlo. Dove è il problema? Anche qui il sistema dimostra di funzionare benissimo, in base al principio di equità. La pensione media dell’AVS è di soli 1860 franchi al mese e un terzo delle donne in pensione non ha un secondo pilastro. E ci lamentiamo? Tout va bien, Madame la Marquise…

Lamentarsi di dover andare in pensione a 65 anni – come vuole il Parlamento – quando potremmo andare a 70, è davvero un autogol. Dovremmo, anzi, rivendicare l’innalzamento perpetuo dell’età della pensione. Fino ad esaurimento delle scorte, fino ad esaurimento del proprio percorso di vita. Sai che bello servire fino alla fine le logiche economiche liberiste. Eroine «a gratis»!

Quindi a Berna, il prossimo 18 settembre, dovremmo tutte rivendicare la nostra orgogliosa condizione. La parità è solo una farsa.

Al netto dell’ironia di questo contributo – volutamente provocatorio per denunciare una situazione nettamente discriminante e per nulla esilarante – le donne scenderanno in piazza ancora una volta per esprimere la propria collera.

Contro la mancata parità salariale, le discriminazioni nella previdenza vecchiaia, il peso sproporzionato del lavoro non remunerato, le percentuali occupazionali fragili, gli ostacoli professionali, i pregiudizi stigmatizzanti, le forme di violenza sociali e private, gli attacchi all’autodeterminazione, la restaurazione culturale.

Diremo no all’aumento dell’età di pensionamento a 65 anni, diremo no alle politiche di austerità, diremo no a un futuro che nega la piena parità, diremo no alle prese in giro del Parlamento che dimostra di NON considerare minimamente le rivendicazioni delle donne. Diremo no a chi vuole costringere le donne al silenzio, alla rassegnazione, all’esasperazione, alla negazione.