Un mercato del lavoro dove il padronato sia libero d’imporre salari e condizioni ai dipendenti senza vincoli alcuni. Da decenni l’Unione democratica di centro (Udc) persegue l’obiettivo, fin da quando Christoph Blocher ne prese le redini, trasformandolo da partito di riferimento del mondo agricolo a quello dei miliardari e degli apostoli del meno stato. L’iniziativa promossa dall’Udc sull’abolizione della libera circolazione in votazione il prossimo 27 settembre intitolata “Per un’immigrazione moderata” costituisce una tappa cruciale verso l’ambita “liberalizzazione totale” del mercato del lavoro.

Un obiettivo apertamente dichiarato dallo stato maggiore dell’Udc quando nel gennaio 2018 lanciò pubblicamente l’iniziativa popolare. Magdalena Martullo-Blocher lo esplicitò senza giri di parole. «Le misure di accompagnamento sono una catastrofe» spiegò la figlia di Christoph alla Tribune de Genève. Per illustrare i «catastrofici effetti», la consigliera nazionale indicò alla stampa la crescita numerica dei contratti collettivi di lavoro in Svizzera dall’avvento dei bilaterali, passati dai 34 ccl del 2001 agli 80 del 2017.

Per i vertici dell’Udc, i contratti collettivi rappresentano un incubo da cancellare o, perlomeno, ridurre fortemente, poiché «limitano pesantemente la libertà d’impresa». Secondo Magdalena Martullo Blocher (il cui patrimonio familiare è stimato dalla rivista Bilan oltre 10 miliardi di franchi), sarebbero state le misure di accompagnamento a favorire la crescita dei ccl di cui beneficiano il 25% dei salariati. Un quarto dei lavoratori tutelati è giudicato eccessivo per l’Udc. Abrogare la libera circolazione per cancellare le misure di accompagnamento, così da poter ridurre fortemente le tutele dei lavoratori, è la logica lineare dei vertici Udc.

Le misure di accompagnamento alla libera circolazione furono la contropartita ottenuta da sinistra e sindacati nel 2004, in cambio del sostegno agli accordi bilaterali in votazione. Nelle intenzioni, le misure di accompagnamento avrebbero dovuto evitare un imbarbarimento delle condizioni di lavoro elvetiche, confrontate alla messa in concorrenza ai diversi livelli salariali nei paesi confinanti. Un obiettivo debolmente raggiunto, forse, nel resto del Paese, ma non in Ticino, il cantone che più di tutti ha sofferto della messa in concorrenza tra lavoratori, soprattutto a causa della difficile situazione economica italiana accentuatasi con la crisi finanziaria del 2008. Eppure il Ticino è di gran lunga il cantone che ha applicato maggiormente le misure di accompagnamento. Basti dire che della quarantina di contratti normali di lavoro decretati in tutta la Svizzera (misura di accompagnamento che autorizza i cantoni a imporre salari minimi nelle professioni dove esiste dumping salariale), ben 29 sono quelli emessi dal solo Ticino. Malgrado questi numeri, per salvare il mondo del lavoro cantonale, ripetono con insistenza i sindacati ticinesi, le tutele e i diritti dei salariati andrebbero ulteriormente rafforzate. Non di certo cancellate.

Dal canto loro invece, gli eletti Udc alle camere federali si sono sempre opposti a qualsiasi miglioramento delle misure di accompagnamento. No alla fine degli abusi nei subappalti e dumping salariale negli acquisti pubblici, no alle sanzioni per mancato rispetto dei salari minimi, no a combattere efficacemente gli abusi, no a un piano coordinato di protezione di tutti i lavoratori dal dumping salariale, no ai salari minimi validi anche per distaccati, sono alcuni esempi della lunga lista di atti parlamentari puntualmente bocciati dall’Udc alle camere federali.

L’Udc non è si è limitata a dire no a tutti i tentativi di migliorare le misure di accompagnamento. Nel corso degli anni, i suoi eletti si sono sempre opposti sul piano generale a qualsiasi misura favorisse gli interessi delle salariate e dei salariati. Se nella retorica parolaia odierna l’Udc sostiene di schierarsi a favore dei lavoratori svizzeri, la sua natura traspare nei fatti con coerente sincerità: abolire tutte le tutele e i diritti dei lavoratori per imporre la legge del più forte.

Tratto da Area nr. 12, 28 agosto 2020