Negli ultimi giorni si sono espressi sulle pagine del CdT presidente e direttore di AITI. Il presidente Fabio Regazzi, dopo aver giustamente sottolineato come in Ticino siamo confrontati a “molte situazioni diverse” per cui è “difficile fare un discorso generale” sul futuro economico del cantone, chiude invocando la spesso abusata necessità di “fare quadrato”. Fare squadra, tutti sulla stessa barca insomma. 

Qualche giorno prima il direttore Stefano Modenini su questa stessa rubrica si chiedeva invece “fino a quando potremo permetterci di dire che la vita umana non ha prezzo”, mettendo in parallelo “sofferenza per la perdita di una vita” e “devastazione dell’economia a seguito della pandemia”. Al di là dell’infelice scelta dei termini (effettuata probabilmente per dare l’idea che la “sofferenza” sia sopportabile, contrariamente alla “devastazione”), la volontà espressa da AITI è preoccupante: definire una soglia accettabile, in termine di vite umane, prima che si decreti la chiusura di una determinata attività economica. Quanti contagi prima di sospendere le attività di un’azienda? Quanti morti prima di decretare un’interruzione delle attività economiche non essenziali? Come se la crisi economica fosse legata non alla malattia, ma alle misure di contenimento della stessa! Tra cui il lockdown, che ha permesso di salvare centinaia di vite umane, non dimentichiamolo. 

Che una nuova serrata avrebbe conseguenze economiche molto gravi, è chiaro a tutti. Che di conseguenza si debba fare di tutto per evitarla, pure. Ma che si pensi di dare un prezzo alla vita umana per confrontarlo con i bilanci delle imprese su una sorta di scala di priorità, è inaccettabile. E, lo speriamo vivamente, non soltanto per il sindacato. 

Ma torniamo quindi all’idea di “fare quadrato”. In queste settimane di aumento dei contagi, tutti gli sforzi dovrebbero essere votati al loro contenimento, per proteggere la salute di tutte e tutti in primis, e di conseguenza evitare di dover ricorrere all’ultima ratio di un nuovo lockdown. Ma allora, che questo quadrato lo si faccia sulla protezione della popolazione. Ad esempio, sostenendo nuove eventuali misure di contenimento proposte dalle autorità sanitarie, oppure discutendo di protocolli di sicurezza condivisi nelle aziende. E si trovino soluzioni per i bisogni specifici di un mondo del lavoro, quello ticinese, già in grande sofferenza prima della pandemia. Ma qui, la “squadra”, AITI la fa con chi rifiuta di dare un valore degno al lavoro, inoltrando ricorsi contro il già misero salario minimo cantonale. Di buon augurio, da parte di chi vorrebbe discutere di quello della vita umana … 

Perché se alla fine non saremo capaci di contenere un nuovo contagio, allora ci sarà purtroppo un secondo lockdown, che lo si consideri “sostenibile”, o no. La vita umana non ha e non deve avere un prezzo.

Giangiorgio Gargantini, Segretario Regionale Unia Ticino e Moesa

(Lettera pubblicata sul CdT del 4 agosto 2020)