Pubblicato lo studio di Unia dedicato al divario salariale. Mette a confronto i salari più alti e quelli più bassi di 37 aziende svizzere, di cui 33 quotate in borsa.

Il divario salariale nelle maggiori aziende svizzere cresce ulteriormente rispetto al 2018 (da 1:142 a 1:148). A guadagnare sempre di più sono i dirigenti d’azienda e gli azionisti che nel 2019 raccolgono ben 63 miliardi di franchi, una cifra che supera gli aiuti di Stato per fronteggiare la crisi attuale.

Alcune di queste aziende non si fanno scrupoli nel chiedere aiuti statali sotto forma di indennità per lavoro ridotto e, allo stesso tempo, di distribuire dividendi. Amministratori delegati, consigli di amministrazione e azionisti stanno aggravando la crisi con il loro comportamento antisociale e sono i principali motori di una sempre maggiore disuguaglianza sociale.

Il divario cresce

Rispetto all’anno scorso, la forbice salariale è aumentata: nel 2018 era di 1:142, nel 2019 era di 1:148.

A guidare la classifica poco onorevole è Roche (1:308), che paga al suo Ceo Severin Schwan un salario di oltre 15 milioni di Franchi. L’azienda farmaceutica è seguita a distanza da Ubs (1:241) e Nestlé (1:230).

Nei primi dieci posti troviamo anche Novartis (1:207), Credit Suisse (1:206), Abb (1:195), la compagnia assicurativa Zürich (1:183) e una delle aziende svizzere più famose, ovvero Swatch, che si classifica nona, con una forbice salariale di poco superiore alla media (1:158).

Tra le aziende prese in esame dallo studio, 7 hanno richiesto indennità per lavoro ridotto per i propri dipendenti, tra queste Swatch, Abb, Adecco, Lindt & Sprüngli e Straumann. Questo non ha impedito loro di distribuire comunque 4 miliardi di dividendi agli azionisti. L’azienda Straumann, nel settore delle tecnologie mediche, ha addirittura annunciato il taglio di 660 posti di lavoro, di cui 60 a Basilea.

Gli azionisti delle aziende prese in esame hanno incassato 63 miliardi di Franchi nel 2019, una cifra che supera addirittura gli aiuti di Stato alle aziende in crisi a causa della pandemia (60 miliardi).

Un terzo delle ricchezze prodotte nel 2019 dalle aziende prese in esame è finito nelle tasche degli azionisti, mentre ai lavoratori dipendenti (1,6 milioni) è spettato il resto.

Nell’azienda della famiglia Blocher, la EMS Chemie, gli azionisti si prendono i 2/3 della torta (il 70% delle azioni è in mano alle figlie di Blocher), mentre ai 2800 dipendenti rimane solo un terzo della ricchezza prodotta.

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Fonte: Unia